Cellar Door

Era un dicembre estremamente primaverile, e io passeggiavo da almeno un'ora e mezza, avvolta nel mio trench scuro. Avevo percorso almeno sette o otto kilometri, senza mai fermarmi. Camminavo per non pensare, o per pensare meglio, la cosa non mi era ancora chiara.
La mia unica certezza in quel momento, era che se mi fossi fermata, sarei crollata; e nonostante il mio forte temperamento drammatico, quella sera non avevo voglia di piangere.
Vagai ancora un po', inconsapevolmente attratta da una musica inizialmente lontana, ovattata, poi sempre più distinguibile. Mi ritrovai davanti all'insegna di un locale che diceva "Cellar Door".
Senza pensare aprii il portone e discesi le strettissime scale a chiocciola. I gradini erano di un legno piuttosto vecchio, le pareti erano tappezzate di locandine sbiadite, pagine di spartiti, di libri, tutte un po' ingiallite, proprio per questo mi stupì l'atmosfera del locale.
Musica electro-folk, luci verdi, un palchetto con dietro un telo bianco dove venivano proiettate immagini psichedeliche e un'enorme parete sulla quale chiunque poteva scrivere, disegnare, creare; mi lasciai pervadere dall'energia del posto, ordinai un bicchiere di Chardonnay e mi sedetti a un tavolino.
Osservai le persone ai tavoli, sembravano essere tutte allegre, rilassate, divertite. E ovviamente, sembravano essere tutte coppie.
Improvvisamente mi risvegliai da quella sorta di ipnosi. Tutti i pensieri che mi avevano condotta lì, spodestarono quella serenità.
Ero lì sola, a ricucire ciò che si era disfatto con quel saluto. A riflettere su quello che era davvero successo.
Ero malinconica e amareggiata. Una non storia, sfiorata, immaginata, bramata e respinta, ma mai vissuta, mai iniziata, come può finire?
Era l'unica soluzione possibile. Eppure un senso di incompiutezza mi attanagliava, c'era qualcosa di ingiusto nel far incontrare due persone tanto affini, in momenti e luoghi così sbagliati. Sospirai.
Finii il mio bicchiere di vino, mi alzai e mi diressi verso la parete e iniziai a leggere, ciò che la gente aveva da dire. Tante frasi vuote, scontate, qualche bella citazione, passi di libri...
Trovai uno spazio vuoto. Presi un pennarello a punta larga e scrissi:
"Forse un giorno, imparerò cosa è importante. Imparerò a chiedere aiuto, a non misurarmi in tutto. Capirò cosa voglio e cosa posso ottenere. Forse diventerò davvero brava in ciò che faccio e non sarò solo fintamente presuntuosa. Per ora, mi godo il tepore di questo inverno, smettendo di aspettare."

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