Istantanea

"Carte du Monde."
Mi chiesi cosa ci facesse quel vecchio planisfero scritto in francese appeso a quella parete, mi avvicinai per osservarlo meglio: la carta era sbiadita e, a giudicare dalla geografia dell' est Europa e da quella dell' Africa, risaliva agli anni ottanta.
Era affascinante e di cattivo gusto allo stesso tempo: decisamente in linea con il resto dell'arredamento e con il proprietario di casa.
Erano le cinque e Andrew, da buon inglese, mi accolse con due tazze e un bollitore già pronti sul tavolo.
Era originario dell'Essex e da anni girava per il mondo creando in strada gioielli con le "moedas vazadas" ovvero, traforava le monete e ne toglieva il fondo evidenziandone così il disegno.
Esaltava il lato artistico di oggetti quotidiani, o forse più semplicemente, faceva soldi con i soldi, come si ostinava a ripetere.
Aveva poco più di sessant'anni, l'aspetto trasandato, le sue mani erano nodose, forti, callose e il volto sereno e appagato.
Da quando era a Roma, avevo trascorso diversi pomeriggi con lui ad ascoltare le sue storie, ad osservarlo lavorare e a cercare di capire, o almeno di conoscere, il suo stile di vita.
Però quella, era la prima volta che entravo nel suo minuscolo appartamento-cantiere, pieno di attrezzi e utensili vari.

Iniziammo a sorseggiare il the, discutendo animatamente di musica, di politica, di letteratura.
Poi improvvisamente si ammutolì, mi sorrise, mostrando i suoi radi denti ingrigiti, mi porse un bracciale, dal quale pendevano cinquanta pesos d'oro del 1947 con il disegno di una Nike. 
Era splendido.
Come al solito, raccontò brevemente di come aveva ottenuto quella moneta. Ne parlò con un entusiasmo tale, che il mio livello di inglese non fu sufficiente per comprendere a pieno la vicenda... Ricordo solo che erano coinvolti chissà come, una bambina boliviana e un mercato di pesce.
Lo aveva fatto per me, disse. Era un regalo di congedo, aggiunse.
Quasi mi si bloccò il respiro e a stento riuscii a ringraziarlo.
Sapevo che prima o poi avrebbe ripreso il suo viaggio, era un artista girovago, dopotutto, eppure ero turbata... Mi sarebbero mancate le sue storie e la sua compagnia.
Gli chiesi quale fosse la sua prossima meta.
<< Moscow>> rispose con una punta di orgoglio.
Finimmo di bere e ci salutammo un po' malinconici, con il proposito di rincotrarci, prima o poi, in uno dei nostri viaggi, ma con la consapevolezza che sarebbe stato un addio.
Scesi in strada.
Il sole era già tramontato e il lampioni illuminavano delicatamente il vicolo. Fotografai mentalmente quell'immagine e mi incamminai lentamente verso casa.

Commenti

Post più popolari